Il dramma della comfort zone
La comfort zone è semanticamente un luogo, fisico o meno, in cui si sta bene, tranquilli, in cui i problemi non ci sfiorano insomma, è uno stato psicologico per il quale rimanere a contatto con persone, cose e ambienti familiari ci preserva da ansie, stress e paure.
La comfort zone insomma è un rifugio, che se associato a persone che soffrono di ansia o attacchi di panico può essere un aiuto terapico per superare il problema momentaneo, ma da cui prima o poi bisogna uscire.
Poi c’è un altro tipo di comfort zone, che è strettamente correlata alla più comune “indifferenza”.
Perché fa tanto comodo dire “fatti i fatti tuoi che campi 100 anni”, risolve la maggior parte dei problemi vero? Se una cosa non mi tocca me ne frego, da che mondo e mondo questo è il motto per la sopravvivenza.
NEIN, NEIN, NEIN! (cit. “Altrimenti ci arrabbiamo” la maggior parte di voi la capirà)
Provo a partire da lontano e da qualche estratto.
Da un sermone del pastore Martin Niemöller
“Quando i nazisti presero i comunisti io non dissi nulla perché non ero comunista. Quando rinchiusero i socialdemocratici io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico. Quando presero i sindacalisti io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi presero gli ebrei e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me e non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”
Testo poi rivisto più volte:
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”
Anche musicalmente (Hue and Cry, Christy Moor, Anti-Flag e molti altri) eccone un esempio:
Quando vennero per gli ebrei e i neri, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli scrittori e i pensatori e i radicali e i dimostranti, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli omosessuali, per le minoranze, gli utopisti, i ballerini, distolsi gli occhi
E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno…
Ma per gli affezionati “Cristiani della domenica” (non me ne voglia nessuno, non ho nulla contro nessuna religione, purché la si viva con una certa coerenza, e come si suol dire, non è sufficiente andare a messa per definirsi Cristiani, ma credo possa valere per qualsiasi religione) rimane la frase più pesante (in senso metaforico) umanamente, che credo tutti conoscano:
“Ama il prossimo tuo come te stesso”
Ecco…giusto per spiegare, questo non vuol dire che devi amare tutti quelli che si chiamano come te, del tuo stesso colore e con il tuo stesso titolo di studio, ma vuol dire che devi amare tutti, aiutare tutti in egual modo indipendentemente da qualsiasi colore, orientamento sessuale, politico e alimentare. Questo non significa appiattire la propria personalità, o non vuol dire che un po’ di sana satira e presa in giro non possano esserci, ma sempre con una certa dose di rispetto (piccola parentesi, Charlie Hebdò a suo tempo esagerò mancando di rispetto, ma questo non giustifica il fatto di ammazzare della gente…quindi “Je suis Charlie” lo ripeto, ma non perché io sia contro i musulmani, ma perché sono contro la violenza, da qualunque parte arrivi).
Ora, mettendo insieme i pezzi di questo logorroico discorso…
Ci sono quelli in prima linea, quelli che aiutano ogni giorno, chi all’estero, chi nei centri migranti o nelle zone disagiate, o nei vari centri di accoglienza, includo anche caritas et similari.
Poi ci sono quelli che magari non riescono ad essere in prima linea quanto vorrebbero, ma nel loro piccolo cercano di parlare con le persone, farle ragionare, divulgano il lavoro fatto dalle persone in prima linea, smascherano magari informaticamente tutto ciò che di falso viene detto o scritto, o omesso. E sicuramente di fronte ad una situazione non corretta non rimangono a guardare
Poi ci sono quelli che rimangono a guardare, che dividerei in 2 categorie: chi ha paura e chi se ne frega.
I “chi se ne frega” sono quelli che stanno nella comfort zone.
Ecco, parlo proprio con voi: prima o poi dovrete fare i conti con la realtà, o con la vostra coscienza se ne avete una, perché essere troppo empatici come me e molte altre persone che conosco fa star male, e tanto ve lo assicuro, ma nel mio piccolo sono certa di poter dire con tranquillità che non ho nessun rimorso, e che quello che potevo fare nel mio piccolo l’ho sempre fatto.
Non sono Gino Strada, e nemmeno uno dei ragazzi delle brigate di solidarietà, faccio quel che posso con il cuore in mano.
Voi, che vi girate dall’altra parte, che giudicate tutto e tutti senza conoscere la storia di una persona.
Voi che trattate chi è diverso da voi come una cosa e non come una persona.
Voi…proprio Voi
Provate ad uscire dalla vostra comfort zone, provate anche solo ad immaginare cosa voglia dire essere dall’altra parte, provate a guardare il mondo come lo guardano i bambini, con l’innocenza e senza paura. Vedrete che alla fine scoprirete che quelli che stanno male non siamo noi empatici, ma siete voi, che siete appiattiti nella vostra quotidianità.